lunedì 26 novembre 2018

Cronache d’altri tempi...

 Torpedo Panhard et Levassor



In auto alla sagra della “merca”
(da un articolo sul bel libro di Riccardo Mariani “Roma in automobile, i pionieri del volante 1895-1915”. Edizioni Tilligraf 1986).

(1910c.a.) “I patrizi romani non si recano più alla sagra della merca  ( del bestiame) in carrozza bensì in auto. Il principe don Giovanni Torlonia a fine maggio invita gli amici, signore e signori dell’aristocrazia romana, al Castello di Musignano, già dimora del principe Luciano Bonaparte, in quel di Canino, tra il lago di Bolsena e il mare, per assistere alla sagra della merca. Si va con quattro macchine. Dopo il rituale, consumato un lauto pasto (nel gruppo anche l’ambasciatore degli Stati Uniti presso il Quirinale, Meyer), verso le 18 la comitiva riparte alla volta di Roma.

A capo della carovana, Torlonia, al volante della sua Panhard; seguito da un’altra macchina, pure di sua proprietà, con a bordo la contessa Martini-Marescotti, donna Giacinta Ruspoli e il conte Pasolini. A mezzo chilometro di distanza, l’automobile del conte Meyer con la marchesa di Bagno, la principessa di Cerveteri, il conte Guido Ruspoli, il conte Giorgio Guglielmi e il marchese Patrizi. Sulle altre due macchine del seguito, le signore Meyer e Patrizi, donna Alessandra Martini, don Lorenzo Sforza Cesarini, i conti Thomas e Marchi.

Dopo aver percorso una quindicina di chilometri, all’improvviso si para davanti un contadino alla guida di un carretto con tiro a due. L’uomo, scrive ‘Il Messaggero’ (29 maggio), “prevedendo il pericolo di un investimento si piazza in mezzo alla strada e agitando un fazzoletto fa segno ai gitanti di passare dall’altra parte della carreggiata, per evitare lo scontro col carretto”.

Torlonia, con agile guida, passa. Sulla scia della sua Panhard, accecato dal polverone l’ambasciatore Meyer, il quale per evitare l’impatto, sterza bruscamente, sbanda sulla cunetta, piomba su un mucchio di breccia, s’impenna, capota e finisce in un fosso catapultando nel prato i passeggeri, illesi, lui mezzo tramortito per aver dato di testa contro quell’ostacolo. L’auto del Meyer rimorchiata con un tiro di buoi viene parcheggiata nell’aia del casale della tenuta Guglielmi a Montalto di Castro. Al carrettiere, che si era premurato di scongiurare l’investimento, neanche le scuse. Il rientro è funestato da altri incidenti. Soltanto i gitanti a bordo della Panhard di torlonia raggiungeranno in serata Santa Severa. Tutti gli altri, saliti in treno a Montalto, arriveranno a Roma alle 23,30”. 

giovedì 15 novembre 2018

Alfa Romeo, cartoline dal passato

Ecco, nelle straordinarie foto di Laura Savelli (scattate il 10 giugno 2017), le antiche vestigia del “quartiere Alfa Romeo” di Asmara, che prende il nome dalla fabbrica locale nata negli anni Trenta. Un capolavoro di art decò sia per quanto riguarda la struttura produttiva che le villette, tutte sorte non lontano dal suggestivo ed italianissimo centro di Asmara.

L’Alfa Romeo, già allora fiore all’occhiello della nostra industria ed eccellenza tecnologica internazionale, fece nascere un nuovo polo industriale con le villette per i suoi dipendenti; laggiù nel nuovo Impero, quello dell’Africa Orientale Italiana, fonte per la Patria di ricchezza e di prestigio.



















mercoledì 14 novembre 2018

Il "quartiere Alfa Romeo", un pezzetto di Italia in Africa

Il "quartiere Alfa Romeo", un pezzetto di Italia in Africa
Cartoline che immortalano l’architettura italiana simbolo di un passato all’insegna dell’eccellenza. Ad Asmara, in Eritrea, è rimasta un’impronta italiana che testimonia ancora oggi come il nostro paese sia stato un simbolo: è il quartiere “Alfa Romeo”, nato intorno alla fabbrica del Biscione, costruita negli Anni ’30. Intorno al sito produttivo furono costruite una serie di villette per i dipendenti dello stabilimento, che hanno dato vita a una vera e propria cittadina all’interno della realtà urbana dell’epoca. 

Un capolavoro di art decò che seppur mal conservato, ancora oggi cattura l’attenzione di chi si trova a passarci davanti.

Quegli edifici silenziosi raccontano una storia che Laura Savelli ha catturato nei suoi scatti, immortalando la poesia di un luogo così lontano ma vicino, regalandoci degli scorci inestimabili, testimoni immobili del tempo che fu.  

giovedì 8 novembre 2018

Asmara, 1939 - Scatti d'autore


Due Alfa Romeo 8C Monza in attesa del “via” alla prima (e ultima) edizione del Circuito di Asmara. Cronometrista Marco Dalla Vecchia, della famosa famiglia di storici Concessionari Alfa a Roma, in via Sardegna, a pochi passi da via Veneto.



sabato 3 novembre 2018

La storia dell’Alfa Romeo a Automobilia Ladenburg, 14-16 novembre

Molti amici e appassionati, di ogni parte del mondo, mi hanno chiesto suggerimenti, informazioni e consigli sugli oggetti di automobilia Alfa Romeo e cimeli vari in asta a Ladenburg a metà novembre. È più facile raccontare la storia della collezione che quella degli oggetti, comunque accennata nel catalogo. È una avventura lunga 50 anni in cui ho raccolto qualsiasi oggetto, libro, documento che rappresentasse l’Alfa Romeo e la sua storia in ogni parte d’Europa e di quella che un tempo era definita AOI, Africa Orientale Italiana prodigando in queste ricerche una passione grande e frenetica che pur crescendo si andava via via affinando. Ad essi, nella seconda metà degli anni ‘80, si sono aggiunti altri materiali di ogni genere recuperati, previa autorizzazione dell’Alfa, insieme all’amico Luigi “Gigi” Bonfanti di Bassano del Grappa in magazzini polverosi, in armadi rovesciati in terra, in enormi cassoni di immondizie varie in procinto di lasciare gli storici e dismessi stabilimenti Alfa al Portello salvandoli dalle discariche cui erano ormai definitivamente destinati, appunto come immondizie. L’Alfa Romeo ormai da anni trasferita completamente al nuovo complesso industriale di Arese aveva infatti già prelevato quanto riteneva di interesse per il suo nuovo Museo e il relativo archivio abbandonando al Portello tutto il resto. Tonnellate di materiale, dal cartaceo al metallico, da maquettes in legno a vetrate istoriate oggi irrimediabilmente perdute.

Negli anni a seguire ho naturalmente proseguito a comprare laddove vedevo oggetti o documenti di interesse e magari a fare scambi con amici, ma giocoforza rallentando sempre di più negli ultimi tempi un po’ perché la collezione stava diventando enorme, gravosa e con molti doppioni e un po’ perché non riuscivo a sistemarla e a gestirla come avrei desiderato.

Alcuni oggetti sono davvero insoliti e particolari se non unici, ricchi di antiche suggestioni in quanto molto vissuti, come un vassoio in porcellana di Ginori, fine '800 che faceva parte delle stoviglie di bordo di un vapore dei Florio oppure una bellissima slot machine in legno degli anni ‘20 con figure di vecchie auto da corsa o ancora tanti altri pezzi rinvenuti sulle bancarelle di mercati di bric e brac in Italia, Francia, Inghilterra, ....

Terminato nel 2017 il mio impegno di quasi 50 anni per il Riar che ho servito come Consigliere, Vice Presidente e Presidente ho ritenuto che si dovesse anche concludere questa mia follia di accumulatore compulsivo che ha riempito non solo la mia vita ma anche la mia casa e trasmettere una parte della mia collezione ad altri collezionisti che ne capissero il valore storico culturale e ne potessero continuare con pari passione studio e custodia.
Molti dei miei oggetti presentati da Automobilia Ladenburg nell’importante asta che si terrà a metà novembre possono raccontare da soli la storia dell’Alfa e dei suoi uomini, quelli che, come diceva Enzo Ferrari, sapevano fare i guanti alle mosche. Una storia esaltante che nel tempo ha reso onore alla capacità e alla genialità del saper fare italiano salvata e custodita per decenni con grande amore certo ma anche con notevole impegno e sacrificio ed ora trasmessa al futuro e ad altri collezionisti che mi auguro sappiano apprezzarla e custodirla con pari o superiore entusiasmo.

giovedì 25 ottobre 2018

Secondo Memorial Franco Angelini

L’Alfa Romeo GTA Gruppo 5 Turbo di Franco Angelini degli anni’70 grazie alle cure di Giovanni D’Annibale, ex capo meccanico di Angelini, è appena uscita da una nota collezione romana e torna a far sentire la sua “voce” nell’officina Classicoldcars di Daniele Milla vicino l’Autodromo di Vallelunga.

1.100 CC, 290 HP e un’accelerazione bruciante







lunedì 15 ottobre 2018

Orfani di Sergio Marchionne...

Un articolo di Stefano d’Amico pubblicato dalla rivista ufficiale del Registro Fiat Italiano
(Anno XXXII n°3, luglio-settembre 2018)
Editoriale pagg. 4/6



In occasione della scomparsa del dott. Sergio Marchionne ho chiesto all’amico dott. Stefano d’Amico, Past President del Registro Italiano Alfa Romeo, di raccontarci i suoi ricordi su questo grande personaggio che lui aveva avuto la fortuna di conoscere personalmente.
                                                                                                                      Edoardo Magnone 
                                                                                                        (Presidente Registro Fiat Italiano) 



Ho conosciuto Sergio Marchionne nel 2013; Lui cercava una persona, esperta della materia ed esterna al Gruppo, in grado di consigliarlo sulla ristrutturazione del Museo Alfa Romeo di Arese e sulla scelta di quelle vecchie famose vetture che, restituite poi al pubblico, ne potessero raccontare, finalmente e degnamente, la storia affascinante e leggendaria inaugurandolo con la presentazione della nuova Giulia.

E così il mio amico Harald Wester, allora CEO di Alfa Romeo, ci fece conoscere organizzando una cena agli uffici del Lingotto alla quale suggerii di invitare anche Maurizio Tabucchi, già molto malato, certo di fargli piacere e risollevarne un po’ lo spirito.

Con Sergio Marchionne mi trovai subito in sintonia e dopo pochi giorni ero già al lavoro con gli altri componenti il ristretto “Comitato Museo”, come lui stesso lo aveva chiamato. Mario Lombardi, CEO di Fiat Partecipazioni, Benedetto Camerana Agnelli, architetto, Presidente del Museo Automobile di Torino e Lorenzo Ramaciotti, allora gran capo del Centro Stile Fiat, che già conoscevo avendo lui apprezzato ed approvato il progetto monumento Alfa Romeo voluto dal RIAR in occasione del Centenario della Casa nel 2010. Con Lorenzo Ramaciotti, con cui strinsi immediatamente un rapporto di leale amicizia e reciproca stima, esaminammo a lungo tutte le vetture storiche che da Arese, insieme a molto altro materiale, erano state trasportate a Torino, al capannone 81, purtroppo con danni notevoli, varie mancanze ed altre numerose gravi problematiche ....

L'ultima volta che l’ho visto è stato proprio a casa di Lorenzo a Moncalieri durante una cena tra pochi amici il 2 giugno di quest'anno.

Sergio Marchionne, appena il giorno prima, aveva presentato a Balocco, con tanto di cravatta, il piano industriale chiusosi al 2018 con tutti gli obiettivi raggiunti e con il totale azzeramento del debito! Il piano, come ricorderete, venne presentato e illustrato a tutti gli addetti ai lavori, agli investitori, agli azionisti e a numerosi giornalisti worldwide.
La sera del 2 giugno eravamo quindi tutti curiosi di vederlo e di sentire da Lui stesso le impressioni, i commenti, le sensazioni del giorno dopo e capire quale futuro immaginasse, non solo per FCA; ma soprattutto fare due chiacchiere tra amici in assoluta libertà.

Da sinistra Harald Wester, Sergio Marchionne, Stefano d'Amico e Lorenzo Ramaciotti

 Quella sera Sergio era di ottimo umore, solo appena un po' stanco, chiacchierava di tutto con notevole energia, rise, scherzò molto e si prendeva continuamente in giro tanto che guardò l'agenda per vedere se era libero .... per una sagra paesana che si sarebbe svolta a Varano il 22 o il 24 ma .... aveva un GEC (Group Executive Control) a Detroit. Faceva poi dei programmi anche per rivederci a breve, magari da me in Toscana, ed era comunque in ottima forma, quasi galvanizzato dall'aver finalmente completato con successo il suo piano industriale e dall’idea di potersi finalmente, a brevissimo, ritirare in Ferrari e dedicarsi totalmente ad essa realizzando anche un sogno personale. Ma era soprattutto sereno e felice per essere riuscito con questi risultati ad alleggerire l’attuale pesantissimo carico di lavoro e di impegni contando di dedicarsi dal prossimo anno su un’unica realtà certamente più bella e forse meno stressante.

Dopo 14 anni in apnea, pieni di contrasti e di successi insieme, era finalmente riuscito a completare l'opera che aveva promesso di realizzare e delineava programmi ed idee con grande disinvoltura ed entusiasmo, dalla F1 all’Alfa Romeo.

Devo ringraziare Lorenzo Ramaciotti per aver organizzato quella “ultima” indimenticabile cena ed avermi dato l’occasione di scambiare ancora una volta impressioni e chiacchiere con l’Uomo che ha segnato un’epoca industriale ed economica di altissimo livello ma mai avrei immaginato a quale beffardo destino stava andando incontro da lì a poco. E soprattutto mai avrei immaginato di non rivederlo più. E tanto meno Sergio pensava di essere così in “pericolo”. In gravissimo pericolo. Lui pensava viceversa di avere davanti a sè un futuro migliore del passato, almeno sotto molti altri aspetti.

Sgombrato il campo da tutti gli haters che hanno come sempre rovesciato sui social le loro frustrazioni e il solito odio mal riposto, ho letto numerosi e bellissimi articoli sulla carriera e la personalità di Marchionne.  Non ricordo chi ha scritto cosa, ma giornalisti seri e testate autorevoli di tutto il mondo hanno dimostrato sgomento e rammarico rendendo omaggio all’italiano che aveva salvato Fiat e Chrysler restituendo credibilità e rispetto al nostro paese.

I più degni di nota sono quelli che hanno raccontato il vero Marchionne, l’Uomo cioè che in 14 anni di lavoro durissimo non ha mai fatto un giorno di ferie, non s'è mai goduto i suoi soldi, non si è mai tolto un maglione nè sottratto alle sue responsabilità riuscendo ad essere amato persino dalle tute blu tra le quali, come abbiamo visto in tv, hanno avuto difficoltà a trovar qualcuno che, pur parlandone male, non lo abbia almeno rispettato.

Marchionne è stata una di quelle figure più uniche che rare che abbiamo avuto in Italia, particolarmente in questi tempi difficili e decadenti, un Uomo che ha restituito rispetto e immagine al nostro paese e alle nostre capacità. Mentre la crisi economica, globale certo, ma per ragioni endemiche assai profonda in Italia, costringeva le nostre aziende manifatturiere a vendere la proprietà o a chiuderla definitivamente e costringeva i brand storici italiani a cedere la sovranità a multinazionali straniere, Sergio Marchionne ha messo insieme due realtà industriali pachidermiche in due diversi continenti, una delle quali a un passo dal portare i libri in tribunale, e ha creato la settima potenza al mondo del settore auto. Pensata, creata e gestita da un italiano con maglione e pantaloni sgualciti che attraversava avanti e indietro l'oceano centinaia di volte, forse migliaia, senza sosta e riposo. Confrontandosi con i grandi della Terra così come con i sindacati, rompendo gli schemi laddove questi erano obsoleti e comodi a molti, perseguendo i propri obiettivi uno dopo l'altro come una corsa ad ostacoli, senza mai un indugio o un segno di stanchezza, senza mai blandire i media per averli dalla sua parte, attuando strategie lungimiranti contestate da tanti uomini miopi ma accreditati nei salotti buoni.... ecco, quest'Uomo non s'è davvero fermato mai. E neppure arreso, come, a suon di milioni, hanno fatto alcuni suoi predecessori.

Io non sono mai stato un suo manager ma ho parlato spesso con Lui, e so bene quanti hanno subito le sue sfuriate e le sue repentine, drastiche decisioni, ma la realtà è che c'eravamo abituati a un Uomo intransigente, persino con se stesso, a un Uomo che batteva i pugni sul tavolo e sapeva dare le pacche sulle spalle, a un Uomo che non si faceva distrarre e non tentennava, che non diceva una cosa per un’altra e che se la realtà era scomoda e dura non la nascondeva a nessuno. Stringeva alleanze senza far politica, persino alcune apparentemente inspiegabili, ma sapeva bene come far resuscitare e crescere le attività di cui era responsabile.

Noi italiani ci svegliavamo e sapevamo che c'era. E quei titoli FCA e Ferrari che volavano alti infiammando le borse penso abbiano fatto sorridere anche i suoi detrattori che pur ne invidiavano capacità e carisma.

Un uomo forte, non ricattabile, intelligente più dei suoi interlocutori, lungimirante e instancabile. Caratteristiche e doti che ci rendevano tutti un pò più forti, più sicuri e più fieri. Sergio te ne sei andato via così, all’improvviso, senza dire niente e senza salutare nessuno ..... non lo avevi mai fatto.


Stefano d’Amico